Ogni anno, la Ssup aiuta alcune centinaia di persone e famiglie in situazioni finanziarie critiche.
A tale scopo la Ssup si serve di mezzi propri e di denaro affidatole da sostenitori e fondazioni.
La promozione sensata ed efficace, responsabile e durevole richiede sempre più know-how.
Le richieste per casi singoli vanno inviate tramite un servizio sociale professionale.
La richiesta contiene indicazioni complete concernenti la persona da sostenere, un preventivo, ev. una dichiarazione di patrimonio, lo scopo dell’aiuto finanziario e le prospettive (vedi foglio illustrativo).
La Ssup accetta unicamente richieste a partire da fr. 2000.-.
Le richieste vanno fatte mediante l’apposito modulo dell’Ssup.
La politica di risparmio colpisce i più poveri
Sono sempre più numerose le persone bisognose dell’aiuto sociale e vi rimangono tali sempre più a lungo. Nel contempo, gli uffici comunali dell’aiuto sociale sono sempre più sotto pressione del risparmio e di tempo. La Ssup se ne accorge dal numero crescente di richieste d’aiuto.
Anche nell’anno 20016, gli uffici comunali per l‘aiuto sociale hanno scaricato all’Ssup e ad altre organizzazioni private molti compiti e costi da coprire da loro d’ufficio. La pressione finanziaria è inoltre sentita anche dall’assicurazione invalidi. Le attese per l’attribuzione di una rendita IV può durare anni. Ai servizi sociali e ai medici, la motivazione avanzata per il diniego sembra spesso incomprensibile.
Poiché negli ultimi anni le comuni hanno ridotto soprattutto i mezzi per una formazione e misure d’integrazione, la povertà anziché venir combattuta viene amministrata. Per questo motivo, la Ssup ha reso possibile la pubblicazione del manuale «Wenn das Geld nicht reicht» (Quando i soldi non bastano) di Corinne Strebel, arricchendolo con esperienze nel campo dell’aiuto singolo. Il manuale è destinato principalmente a chi è colpito dalla povertà, informando loro dei diritti e degli obblighi. Andrebbe però letto anche dai responsabili di fondazioni, opere di assistenza e gestori di patrimoni che, a loro volta, prestano aiuto nei casi singoli. Infine, il manuale è consigliato anche da tutti coloro che lavorano negli uffici di socialità comunali o da chi prende le decisioni nel consiglio comunale.
Storie incredibili e altre di successo
A volte, a leggere le richieste di sostegno in giacenza presso gli uffici di socialità, c’è da stupirsi. La signora A. lavora al 100% e fatica a tirar a fine mese. La richiesta d’una rendita IV del marito è pendente da quattro anni. La donna non ha diritto all’aiuto sociale perché lo stipendio supera di poco il minimo esistenziale. L’ufficio sociale le ha consigliato di divorziare oppure di disdire il posto di lavoro. L’ aiuto sociale viene inoltre ridotto di 600 franchi mensili poiché lei riceve gli alimenti dal padre dei figli, sebbene sia dimostrato che il padre non le versa nulla. La donna di origine turca ha pregato il servizio sociale del suo comune di aiutarla a scrivere delle richieste per una formazione professionale, ottenendo però un netto rifiuto. Rivolgendosi al comune dove abitava prima, ha infine ha ottenuto l’aiuto. La Ssup riceve tuttavia anche numerose notizie positive da persone sostenute e reinserite nel mondo del lavoro, e che poterono pagare i debiti, rimanere nell’appartamento, altri che potevano fare una terapia o risanare i propri denti. Un uomo che nel 1998 ebbe un contributo dall’Ssup per completare la sua formazione, nel 2016 lo ha restituito spontaneamente affinché ne posa usufruire qualcun altro. Da un ufficio di socialità, la Ssup ha ricevuto la seguente lettera di ringraziamento: «desidero ancora ringraziare anche a nome del signor C. per i 2000.00 franchi offerti per le lezioni di guida. Il signor C. ha ottenuto la patente e ha ora un posto di lavoro, così da poter rinunciare al servizio sociale». Un’altra lettera di ringraziamento ci è giunta dal canton Vaud: «Grazie al vostro aiuto, la signora D. ha potuto terminare la formazione di GastroVaud. Con il certificato cantonale ha trovato un posto presso un ristorante e non ha più bisogno dell’aiuto sociale».
L’aiuto sociale non è un atto di grazia
Nel rendiconto del 2016, la Ssup, come nei trascorsi 206 anni, ha assistito con aiuti finanziari persone e famiglie colpite dalla povertà. Inoltre, la Ssup ha sostenuto la realizzazione del manuale del Beobachter, «Quando mancano i soldi», dedicato all’argomento dell’aiuto sociale. Il Direttore dell’Ssup, Lukas Niederberger ha parlato con il professor Walter Schmid, già Direttore dell’Università per il lavoro sociale a Lucerna e già Presidente della Conferenza svizzera per l’aiuto sociale (CSAS).
Professore, lei sa quali cantoni del nostro Paese sono confrontati con maggiori problemi della povertà. Come valuta la povertà nella ricca Svizzera d’oggi, se fa il paragone con gli anni 1980 o prima?
Al contrario di allora, oggi la povertà è considerata quasi esclusivamente dovuta all’insuccesso del singolo. Lei o lui non ce l’ha fatta. E più cresce il benessere per una parte della popolazione, più si attribuisce la causa per l’insuccesso al singolo individuo. Sono ormai in pochi a indicare le cause strutturali come origine della povertà. Per esempio le prestazioni insufficienti a favore delle famiglie dai guadagni bassi, il che spiegherebbe perché un bambino su dieci, in Svizzera vive grazie all’aiuto sociale. Oppure il fatto che gli ultra cinquantenni non trovano più un posto di lavoro e si sentono abbandonati dalla società. Noi conosciamo le persone disperate che vorrebbero lavorare ancora, ma che non trovano un posto.
Come si promuove l’impiego di persone ultra cinquantenni? Mediante un obbligo legale oppure con vantaggi nella tassazione, o ancora, con programmi di coaching e mentoring, più efficienti di quelli offerti dai RAV? Oppure la soluzione potrebbero essere delle imprese sociali come il Gruppo Dock?
Per prima cosa, certi adeguamenti legali possono eliminare stimoli falsi: i costi sociali per i datori di lavoro non dovrebbero aumentare per gli impiegati di età maggiore, bensì diminuire. Da prendere in considerazione anche vantaggi nella tassazione. Sindacati e datori di lavoro dovrebbero capire che gli stipendi non devono aumentare obbligatoriamente con l’età, rincarando così i costi del lavoro di dipendenti anziani. Innanzitutto ci vogliono partner sociali innovativi, in grado di sviluppare nuovi modelli di lavoro e orari lavorativi, creando condizioni win win. Nell’ultimo decennio tutti hanno predetto una mancanza di forze lavoro specializzate, ma ciò non è servito a nulla ai senza lavoro ultra cinquantenni.
Lei è presidente della Conferenza svizzera per l’aiuto sociale, la CSAS. Le direttive della CSAS non sono vincolanti, non sono legittimate democraticamente e hanno carattere indicativo. Molti comuni non rispettano le direttive CSAS, ma autodefiniscono il minimo esistenziale e da decenni non adeguano i contributi agli affitti. Tanti comuni respingono addirittura i richiedenti di contributi, altri gli obbligano a traslocare in alloggi più a buon mercato, ma non contribuiscono se ciò comporta il pagamento di due affitti dovuti al trasloco immediato. Naturalmente, la cittadinanza può eleggere consiglieri comunali più sociali, ma ci sono altre soluzioni per evitare che i comuni chiudano i rubinetti nel campo sociale.
Lei accenna a un gran numero di problemi. L’armonizzazione degli standard dell’aiuto sociale in Svizzera è un postulato molto vecchio. Nei decenni passati, le direttive della Conferenza svizzera per l’aiuto sociale (CSAS) hanno contribuito a introdurre un certo equilibrio. Alla fine però, secondo la Costituzione, l’aiuto sociale sottostà alla sovranità dei cantoni che, a loro volta, lasciano libertà ai comuni. Voi la CSAS o la CDSC (Conferenza delle direzioni sociali dei cantoni, tutti si limitano a semplici raccomandazioni.
E i recenti sviluppi nel canton Berna, dove si intende ignorare le direttive appena approvate, sono la dimostrazione dell’effetto limitato di simili raccomandazioni. Inoltre, i membri deboli dell’esecutivo sono tentati a cedere alle correnti populistiche e non danno peso all’intenzione di armonizzare l’aiuto sociale fra i cantoni. Così non rimarrà altro che la soluzione federale, anche se recentemente il Parlamento l’ha respinto. Il trend a respingere chi riceve aiuti sociali non è tanto dovuto alle direttive, ma ai tentativi di aggirare l’obbligo di accettare le richieste, o di rendere la vita difficile a chi dipende dagli aiuti sociali. Un comportamento che trovo particolarmente squallido. Naturalmente è giusto essere parsimoniosi con i mezzi destinati all’aiuto sociale. Un giusto equilibrio del peso a carico di alcuni comuni eviterebbe la pressione eccessiva.
In Svizzera, spesso la povertà non si combatte ma si gestisce soltanto. Gran parte dei comuni non paga formazione o specializzazione, o anche lezioni di guida, cosa che magari aumenterebbe la possibilità di poter rinunciare all’aiuto sociale e integrarsi nel mondo del lavoro. Come migliorare la professionalità e l’efficacia a lungo termine? Regionalizzare gli uffici dell’aiuto sociale, come le KESB(?) che hanno sostituito le comunali autorità tutelari? Oppure, potrebbe essere una soluzione la formazione di base obbligatoria di lavoro sociale per le/i responsabili dell’aiuto sociale dei comuni?
Per fortuna, ci sono anche quei comuni, dove specialisti e autorità hanno scoperto che, investire nelle persone vale la pena, se queste poi possono fare a meno dell’aiuto sociale. È importante che chi è al fronte abbia le necessarie qualificazioni professionali. Per questo motivo, si consiglia ai comuni più piccoli senza servizio sociale di unirsi a delle consorelle.
Quando i comuni stabiliscono tipo ed entità dell’aiuto sociale, de facto violano il principio della parità dei diritti: a dipendenza del luogo di residenza di chi riceve l’aiuto sociale, variano il fabbisogno di base e i contributi liberi stabiliti. In certi cantoni, le famiglie ricevono contributi complementari. E, secondo il cantone e il comune, chi riceve l’aiuto sociale deve pagare parte delle fatture per cure dentarie e, prima, poi o mai, devono rimborsare l’aiuto sociale ricevuto. L’iniziativa delle città “Politica sociale” e la CSAS rivendicano una Legge quadro a livello federale, l’associazione svizzera dei comuni s’immagina un concordato cantonale. In futuro, la SODK? approverà cambiamenti centrali delle linee direttive. Come possiamo d’ora in poi garantire la parità dei diritti a livello nazionale? Lei vede delle soluzioni le quali non dovremmo aspettare per dei decenni?
In effetti, ci sono differenze giuridiche veramente urtanti, ed è dovuto al federalismo che comporta certe discrepanze: nella tassazione, nelle riduzioni dei premi, nelle prestazioni della salute, nelle tariffe dei nidi preasilo e molto altro ancora. Si pone sempre la questione, se e per quale ragione si giustifichino le differenze. Per l’aiuto sociale non vedo ragioni convincenti, eccezion fatta per i premi delle casse malattia e degli affitti che variano secondo le zone. Quanto alle necessità esistenziali, le indennità e l’assunzione di cosi straordinari, a mio modo di vedere, le differenze non sono giustificati. Al contrario: nelle situazioni paragonabili, la Costituzione prescrive la parità di trattamento. Poiché una legge federale in materia e anche un Concordato cantonale, potrebbe diventare un progetto secolare, per ottenere almeno l’eliminazione delle maggiori differenze, non rimane altro che adire la via legale.
In Svizzera, i poveri sono all’incirca il 9%. Nel 2014, si contavano 261’983 persone che ricevevano l’aiuto sociale. L’aiuto sociale è finanziato principalmente dalle imposte. Quali modelli di finanziamento alternativi considera necessari e realmente applicabili? Serve tassare le transazioni finanziarie, l’energia e il consumo? La soluzione potrebbe essere l’introito di base? O sarà forse il caso che ogni singola/o abitante si riassuma maggiore responsabilità per sé e per i propri figli, fratelli e sorelle, genitori e nonni?
Sono del parere che già oggi, tante persone si assumano la responsabilità per i propri parenti e per i loro prossimi. L’alta quota di coloro che non hanno un introito che assicura un minimo esistenziale, ma che ciò nonostante rinunciano all’aiuto sociale, dimostra che la solidarietà fra congiunti, generazioni e amici non è una parola vana. Il finanziamento dell’aiuto sociale con le imposte non mi pare necessariamente uno svantaggio. Contrariamente all’IV o all’ALV? che occasionalmente vanno risanate con grande sacrificio, le uscite dell’aiuto sociale sono parte del budget ordinario. Si potrebbe levare molta pressione politica, se l’aiuto sociale fosse finanziato non dai comuni, ma dai cantoni. Lo dimostrano i cantoni della Svizzera romanda, dove l’aiuto sociale è meno oggetto di scandali e lotte politiche. Tante persone non sanno che l’aiuto sociale incide con solo il tre percento sul totale dei costi sociali e, pertanto, non sarà indicativo per i modelli di finanziamento di cui la società avrà bisogno nel futuro.
Non è raro che la povertà venga lasciata in eredità da generazione a generazione. Qual è la parola magica?
Non mi piace l’immagine del lascito. Anche se è solo una figura retorica, dà l’impressione che si tratti di qualcosa di genetico. Abbiamo già fatto questo dibattito. Io parlo piuttosto di una sorta di solidificazione o fatalità della povertà che effettivamente può verificarsi nel corso delle generazioni. Chi conosce il lavoro solo per sentito dire, perché nessuno nella famiglia ha mai avuto un lavoro, corre il rischio di diventare anche lui un senza lavoro. Si tratta dunque di interrompere questa mancanza di prospettive. È questa che suscita l’impressione di esserne prigioniero, e dunque condiziona il modo di reagire. Aprire prospettive e opportunità! È questa la formula magica.
Per finire, cosa ritiene importante per una Svizzera giusta e solidale?
Mi augurerei un Paese nel quale, oltre a risparmio e concorso, contano anche altri valori e temi più importanti.
L’aiuto sociale va assicurato
Nel settembre 2018 è apparso il libro intitolato «Wenn das Geld nicht reicht». (Quando mancano i soldi: così funzionano le assicurazioni sociali e l’aiuto sociale). Ne è autrice Corinne Strebel Schlatter del Centro di consulenza della rivista «Beobachter», con la partecipazione della Ssup. Walter Noser, direttore della fondazione SOS Beobachter, ha intervistato l’autrice.
Nella piena estate del 2015, i media hanno riferito del crescente numero di comuni che riducono l’aiuto sociale, che mandano via chi ha diritto all’aiuto sociale ed escono dalla Conferenza per l’aiuto sociale (CSAS). Come vede lei questa tendenza? E come si può fermarla?
Walter Noser: non si potrà fermarlo. Di conseguenza, negli anni a venire, la povertà sarà vieppiù gestita anziché combattuta. Infatti, saranno autorità profane a decidere in merito al diritto all’aiuto sociale e a giudicare in prima istanza anche i reclami. E, poiché niente cambierà, i costi dell’aiuto sociale peseranno, oggi come ieri, sul budget del comune anziché essere assunti dalla Confederazione. Fatto sta che non avremo in tempi brevi una legge quadro federale in materia di aiuto sociale. Non c’è politico o partito che intenda scottarsi le dita, toccando lo scottante argomento aiuto sociale.
Nel corso di quest’estate, i media hanno riferito di uno studio dell’Università di Berna secondo il quale il 26,3 percento delle persone aventi diritto al sostegno statale non ne fanno uso. Questa cifra si riferisce al canton Berna. Pare che nei comuni più piccoli e rurali governate dai borghesi, a rinunciare per vergogna, paura, pressione o ignoranza, sia persino il 50 percento degli aventi diritto all’aiuto sociale. Come giudica questo fatto? E cosa ci vuole per fare sì che i poveri superino questa paura delle autorità?
Walter Noser: spetta alle autorità andare incontro a chi è colpito dalla povertà, e non il contrario. Chi fa parte dei poveri, in base alla tassazione andrebbe informato, non solo del proprio diritto alla riduzione dei premi, ma anche alle altre forme di aiuto statale.
In Svizzera, molte persone diventano bisognosi dell’aiuto sociale dopo un incidente e le verifiche a sapere se hanno diritto a un rendita per invalidi dura fino a quattro anni. Questa lacuna del sistema sociale statale è assurda. Non ci sono soluzioni più ragionevoli?
Corinne Strebel Schlatter: fintanto che l’assicurazione sociale e l’aiuto sociale funzionano indipendentemente una dall’altro non cambierà nulla. Anni fa, i politici hanno invitato l’Assicurazione invalidi a risanare a fondo l’AI. A seguito del risanamento, gli ostacoli da superare per ottenere una rendita AI, per molti sono diventati insuperabili. Per cambiare questo, occorrerebbe esaminare a fondo l’intero sistema della sicurezza. A conti fatti, con la politica attuale si risparmia raramente, invece spesso si ridistribuisce semplicemente i compiti da una cassa all’altra.
Alcuni uffici competenti non sono disposti a pagare alle persone sussidiate un apprendistato o corsi di specializzazioni per uscire dall’aiuto sociale. Piuttosto corrono il rischio di veder i poveri costretti all’aiuto sociale fino all’età del pensionamento. Non è una soluzione lungimirante, ed economicamente è insensato. Quali soluzioni statali sono invece pensabili?
Walter Noser: gli uffici competenti dove spesso lavora personale sociale sarebbero magari disposti, ma poiché le autorità profane tendono a non pensare a lungo termine, si focalizzano sul budget annuale, la povertà la gestiscono anziché combatterla. La soluzione sarebbe avere delle autorità professionali.
Il suo manuale è pensato in primo luogo per chi è in povertà, per incoraggiarli e autorizzarli a difendere i loro diritti nei confronti delle autorità sociali. Lei scrive però che chi lavora negli uffici di socialità, presso fondazioni e amministrazioni di capitali, ed elaborano le domande di sussidi delle persone in povertà, spesso si trovano in difficoltà con le norme per l’aiuto sociale, diverse in ogni cantone e che si differenziano persino da comune in comune. Lei consiglia la lettura del nuovo manuale anche a loro, o che cosa dovrebbero comunque sapere?
Corinne Strebel Schlatter: gli specialisti devono leggere il manuale per sapere dove hanno problemi le persone che vivono di aiuti sociali. Il libro punta sulle tematiche e risponde alle domande che pongono ogni giorno nel Centro di consulenza del Beobachter. Il libro può far cambiare il punto di vista degli specialisti.
In Svizzera, nel 2014 hanno ricevuto aiuti sociali 261‘983 persone, 24‘488 in più rispetto a dieci anni fa. L’aiuto sociale è finanziato principalmente dalle imposte salariali. Quali modelli finanziari alternativi ritiene necessario e realisticamente fattibili? Occorre la tassazione delle transazioni finanziarie, dell’energia e del consumo? Il reddito di base può essere la soluzione? Oppure dovremo contare sulla comunità dove ogni singola/o abitante si riassume maggiore responsabilità per sé e per i propri figli, fratelli e sorelle, genitori e nonni?
Corinne Strebel Schlatter: negli ultimi dieci anni, il numero di chi riceve aiuti sociali corrisponde al 3 percento della spesa per la sicurezza sociale. Tanto più sorprende il fatto che l’aiuto sociale sia tanto sotto tiro. Ciò malgrado, si dovrebbe discutere anche modelli di finanziamento alternativi. Non tanto per considerazioni puramente politico-finanziarie, quanto piuttosto nel senso della professionalità e delle pari opportunità. Perché non si pensa d’assicurare l’aiuto sociale? Una legge quadro federale per l’aiuto sociale con il finanziamento sotto forma di un’assicurazione ridurrebbe drasticamente molti problemi attuali dell’aiuto sociale
Accanto al finanziamento della povertà già esistente, più importante sarebbe naturalmente evitare e prevenire la povertà potenziale e in agguato. Studi sulla povertà confermano che la povertà è, per così dire, ereditaria perché le opportunità di studi dei bambini di famiglie povere sono minori di quelle dei bambini di un ambiente di maggiore cultura. La direzione verso il benessere o la povertà in cui andranno i bambini è quasi prestabilita al momento della scolarizzazione. La formula magica sta dunque nella cultura nei primi anni dell’infanzia. Cosa ne pensa lei?
Corinne Strebel Schlatter: la cultura nella prima infanzia è un punto importante nella lotta alla povertà. Questi programmi aiutano a promuovere i bambini in età prescolastica per evitare che inizino la scuola con forti deficit. Da solo ciò non basta. Il nostro sistema scolastico conta molto sulla collaborazione dei genitori. Nel corso del periodo scolastico, la forbice fra i bambini di ambienti acculturati e fra le famiglie lontane da questi ambienti si apre molto. Anche il sistema scolastico deve occuparsi dell’argomento lotta alla povertà e promozione dei bambini di famiglie lontane dall’ambiente culturale e impegnarsi attivamente nella ricerca di soluzioni.
La gestione della povertà è inefficace
L’inefficiente gestione della povertà
Molti economisti affermano che un reddito di base incondizionato combatterebbe la povertà in Svizzera più efficacemente dell’attuale sistema sociale complicato, con AVS, CM, ALV? e AI, prestazioni complementari e aiuto sociale, che richiede molto personale. Inoltre, molte persone hanno bisogno dell’aiuto sociale al seguito di un infortunio e per ottenere il benestare dell’istanza per una rendita IV passano fino a quattro anni. Gli uffici comunali dell’aiuto sociale e con loro chi è diventato povero, risentono sempre più della pressione politica di risparmiare. Pertanto, gli uffici dell’aiuto sociale ricorrono spesso alle fondazioni per la promozione, chiedendo contributi a favore di chi riceve l’aiuto sociale, anche per pagare debiti e fatture chiaramente di competenza dello Stato. Per informare gli uffici della socialità, gli amministratori di capitali, le fondazioni e chi vive in povertà, la Ssup ha finanziato la pubblicazione del manuale del Beobachter «Mancanza di soldi?!» dell’autunno 2016.
Drasticamente diminuite le cure dentarie
Un anno fa abbiamo comunicato che negli anni precedenti la Ssup aveva ricevuto sempre più richieste di finanziamento per cure o correzioni dentarie. Dopo aver discusso il fatto con la Società svizzera dei dentisti, la Ssup da un anno richiede un secondo parere da parte di dentisti di fiducia, a conferma della conformità alle norme CSAS delle cure pianificate e che queste siano efficaci, opportune ed economiche. Dopo l’introduzione di questa prassi, il numero delle cure dentarie è diminuito dell’80%.
L’aiuto pronto è molto efficace
Grazie all’aiuto dell’Ssup, molte persone escono da una situazione d’emergenza o possono fare a meno dell’aiuto sociale. Spesso però le donazioni per uscire dall’indebitamento vengono criticate perché sarebbe come riparare un barile senza fondo. Perciò, la Ssup esige che dopo il risanamento finanziario, le persone in questione ricevano per parecchio tempo ancora una consulenza professionale di come gestire il proprio budget. Un esempio: la Ssup ha assistito una madre con figli, indebitata a causa di un prolungato periodo senza lavoro. Dopo l’estinzione dei debiti, lo stipendio bastava di nuovo per mantenere la famiglia monoparentale di quattro e prontamente, la famiglia, le finanze e la salute si stabilirono. L’Ssup finanzia anche numerosi apprendistati e perfezionamenti che servono all’integrazione rispettivamente al rinserimento nel mondo del lavoro. L’esempio: un padre di famiglia 36enne che come autista poteva lavorare solo in modo temporaneo, perché gli mancava l’attestato obbligatorio per trasporti commerciali. Subito dopo l’esame pratico ottenne un posto a tempo pieno poté fare a meno dell’aiuto sociale.